Antonio Ligabue (1899 - 1965)

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Antonio Ligabue (1899 - 1965) è stato un pittore e scultore del XX secolo. Vissuto fino al 1919 in Svizzera, manifesta fin da giovanissimo gravi problemi di salute a livello fisico e psichico. A seguito di una denuncia da parte della madre adottiva, che chiede alle autorità di mandarli in Italia, Ligabue si stabilisce a Gualtieri e lavora per qualche tempo come bracciante e operaio. Isolato e incompreso, porta avanti dal 1927 i primi tentativi artistici. Conosce M. Mazzacurati, che si interessa alla sua opera e cerca di incoraggiarlo. Nel 1937 l'artista è però ricoverato all'Ospedale di Reggio Emilia e vi ritorna nel 1940 a seguito di una psicosi maniaco-depressiva. Durante l'occupazione tedesca fa l'interprete per le truppe. Ricoverato nel 1945 per la terza volta al'ospedale, viene dimesso tre anni dopo e ospitato da un ricovero di mendicità. In questo periodo comincia a vendere i propri quadri. Nel 1962 emigra a Guastalla e qui ha luogo la sua prima mostra. Ma lo stato di salute dell'artista si aggrava, è ricoverato per emiparesi e nel 1964 ritorna al ricovero di Gualtieri. L'anno dopo, mentre si tiene una sua mostra personale a Reggio Emilia ed esce una monografia a lui dedicata, Ligabue muore il 27 maggio Scrive Mario de Micheli in "Tensione plastica di Ligabue scultore' in pitturae in Scultura Ligabue rappresenta gli stessi animali: leoni, tigri, iene, leopardi, Iupi, cin- ghiali, cervi, caprioli, scimmie, aquile, tori, buoi, cavalli, capre, gali, galline, volpi, conigli, gatti e cani.. Animali feroci, animali esotici, animali domestici. Ma nella sua rappresentazione vi sono almeno due diverse e fondamentali inclinazioni del sentimento: ora prevale un sentimento disteso, calmo, come un desiderio di serenità, di pacificato idillio nella natura o in un mondo di evasione fantastica: e i ciò parlano in genere le opere dove appaiono i buoi dei campi, i cavalli da tiro, o i quadri evocativi di una Svizzera immaginaria; ora invece prevale un sentimento di furore, di rabbia, d'aggressività, che si traduce nelle risse o negli atti di violenza degli animali feroci. Mentre però nella pittura le immagini animali sono immerse nel paesaggio, nella scultura vivono invece unicamente definite nella propria isolata fisionomia.

FONTE: Scultura italiana del primo Novecento

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